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L'UNIONE SARDA - Politica: Legge elettorale, beffa Pdl e Pd
28.07.2015
L'affare peggiore, a occhio, l'ha fatto il Pd. Votando la legge elettorale sarda insieme al Pdl, due anni fa, in pratica ha sacrificato un bel po' di seggi sull'altare della coalizione allargata. Colpa delle criticatissime regole sugli sbarramenti, che hanno lasciato fuori dal Consiglio regionale le coalizioni di Michela Murgia e Mauro Pili, malgrado i 120mila voti complessivi dei candidati presidenti, e i quasi 85mila delle liste. Come mostra la simulazione riportata nel grafico, con una soglia d'accesso più equa (per esempio: 2% per tutte le liste, coalizzate o meno) Murgia e Pili avrebbero avuto due seggi a testa, sottratti al centrodestra che invece oggi occupa tutta l'opposizione. E sull'altro lato, tenendo fermo il premio di maggioranza che dà 36 consiglieri ai vincenti, sarebbero però sparite le micro-liste, a vantaggio del Pd. IL NODO Gli sbarramenti sono uno dei punti più delicati della legge approvata nel giugno 2013, che ora si vorrebbe modificare dopo che il Consiglio di Stato ha soffiato il seggio a quattro eletti. La sentenza non ha direttamente a che fare con lo sbarramento, ma distinguendo tra resti e voti residui ne introduce uno di fatto. Non può però incidere sulla tagliola che ha reso inutili i voti del 16% dei sardi (meglio: di quelli che si erano presi la briga di andare a votare, non tantissimi). L'asticella per entrare in Consiglio fu posta al 5% per le liste singole e al 10 per le coalizioni. Murgia andò oltre il 10 come candidata presidente, ma le tre liste rimasero sotto il 7. Pili si fermò sotto il 6 sia personalmente che con le liste. Eppure in Consiglio sono entrati anche partiti che non raggiungevano l'1%, per l'incrocio tra il premio di maggioranza e l'assenza di sbarramenti dentro le coalizioni capaci di superare il 10. Adesso che in Consiglio si riparla di mettere mano alla legge (benché ancora non si vedano grandi scatti riformatori), circola l'ipotesi di una soglia medio-bassa ma uguale per tutte le liste, coalizzate o meno. Cosa sarebbe accaduto nel 2014, con uno sbarramento di questo tipo posto - per esempio - al 2 per cento? Il calcolo è complicato, ma non abbastanza da spaventare Abramo Garau, ex direttore generale della Provincia di Cagliari, uno dei principali conoscitori dei meccanismi elettorali sardi (e non solo). Il suo Macbook è intasato dalle simulazioni fatte, su richiesta dei consiglieri o aspiranti tali di quasi tutti i partiti, già quando l'assemblea discuteva la legge: di ogni emendamento ipotizzato prevedeva i probabili effetti per i partiti. COME CAMBIA Applicando la regola del 2% ai risultati del 2014, nel centrosinistra guadagnerebbe tre seggi il Pd, e uno il Partito dei sardi. Ai danni di Psi (Mondo Perra), Irs (Gavino Sale), La Base (Efisio Arbau) e Idv (Michele Azara). All'opposizione, i quattro posti ceduti a Unidos e Sardegna possibile sarebbero quelli di Ignazio Locci (Forza Italia), Attilio Dedoni (Riformatori), Angelo Carta (Psd'Az) e Modesto Fenu (Zona franca). Sono ovviamente calcoli da prendere con le molle: in presenza di regole diverse sarebbero state diverse anche le liste, e magari i partitini si sarebbero uniti per superare lo sbarramento. Ma anche questo fornisce indicazioni utili in vista di eventuali correzioni della legge. «Di sicuro l'attuale norma mostra troppe pecche», ragiona Garau: «Consentirebbe di entrare in Consiglio anche a un partito con appena 2000 voti, lasciando fuori uno da 70mila». Peggio ancora per la distribuzione territoriale: «In teoria, un presidente con 35 liste potrebbe trovarsi con una maggioranza di consiglieri eletti tutti in Ogliastra, con un voto ciascuno. Caso irreale, certo, ma evidenzia un'altra falla della legge». Giuseppe Meloni

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